Cassazione: il rischio di schiavitù per debiti giustifica l’asilo e non è identificabile con “migrazione economica”.

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a cura del Dott. Daniele Casola
La Cassazione ha affermato che il pericolo di riduzione in schiavitù nel Paese d’origine a causa di una (irrisolta) condizione debitoria è valido presupposto per il riconoscimento della protezione internazionale, soprattutto quando emerga dalle fonti sul Paese considerato la diffusione di pratiche vessatorie nei confronti dei debitori e la loro tolleranza da parte della autorità statali (accertamento doveroso che il Giudice è tenuto a svolgere d’ufficio).

La Suprema Corte, inoltre, precisa che una tale situazione evidentemente si differenzia dalla cd. “migrazione economica” e non può essere derubricata in questi termini, poiché, in caso di rischio di schiavitù per debiti, l’espatrio è volto al miglioramento delle proprie condizioni di esistenza ma è anche necessario per evitare trattamenti inumani o degradanti.

È stata perciò cassata la sentenza della Corte d’appello, che, pur non negando la credibilità del racconto del richiedente, si era limitata ad affermare che non vi fosse una vera e propria persecuzione, ma meri “contrasti personali” che il richiedente avrebbe potuto arginare, senza, appunto, verificare in concreto il dedotto rischio di riduzione in schiavitù e la tolleranza di tale pratica da parte delle locali autorità.

Corte Suprema di Cassazione, Sezione Civile, ordinanza n.28204/2021

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