Ai sensi dell’ ex art. 8, comma 1, lett. d), d.lgs. 251\2007, l’appartenenza ad un determinato gruppo sociale, in particolare donna vittima di tratta, è motivo valido per il riconoscimento dello status di rifugiata.

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Ai fini di tale riconoscimento, infatti, i plurimi atti di violenza posti in essere da soggetti persecutori (anche privati) di cui è stata vittima la ricorrente (cittadina nigeriana) nel proprio Paese ed in quello di transito (Libia), così come il concorrente ed attuale rischio di re-trafficking e a stigmatizzazione sociale e familiare sono riconducibili a ragioni legate alla sua appartenenza a un particolare gruppo sociale ex art. 8, comma 1, lett. d), d.lgs. 251\2007.

Sul punto, soccorrono le Linee Guida UNHCR “le vittime e le potenziali vittime di tratta possono qualificarsi come rifugiati quando può essere dimostrato che essi temono di essere perseguitati per ragioni legate alla loro appartenenza a un particolare gruppo sociale. […] Le donne costituiscono un esempio di un sottoinsieme sociale di individui che sono definiti da caratteristiche innate e immutabili e sono spesso trattate in modo diverso rispetto agli uomini. In questo senso esse possono essere considerate un particolare gruppo sociale. I fattori che possono distinguere le donne come obiettivi dei trafficanti sono generalmente connessi alla loro vulnerabilità in determinati contesti sociali; pertanto, alcuni sottoinsiemi di donne possono anche costituire particolari gruppi sociali” UNHCR, Linee guida di protezione internazionale, L’applicazione dell’articolo 1A(2) della Convenzione del 1951 e/o del Protocollo del 1967 relativi allo status dei rifugiati alle vittime di tratta e alle persone a rischio di tratta, para. 37-38

Tribunale di Napoli, 13 sezione civile, decreto n.3059/2023 del 30.05.2023

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