Cassazione Civile: l’inserimento socio-lavorativo raggiunto nel Paese ospitante dal richiedente protezione internazionale conduce al riconoscimento della protezione speciale quando il ritorno nel Paese d’origine (Senegal) rende probabile lo “scadimento” delle sue condizioni di vita privata e/o familiare.

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Quando si accerti – attraverso la produzione in giudizio di documentazione lavorativa e scolastica – che un significativo livello d’inserimento in Italia sia stato raggiunto da un richiedente protezione, il probabile significativo scadimento delle sue condizioni di vita privata e/o familiare tutelate dall’art.8 CEDU nel Paese d’origine (Senegal) deve condurre al riconoscimento di protezione speciale: sussiste, infatti, serio motivo di carattere umanitario, ai sensi dell’art. 5 T.U. cit., per riconoscere il permesso di soggiorno (Cass. Sez. Un. Civili , 09/09/2021, n. 24413).
Nel caso specie, il ricorrente aveva documentato al Tribunale di avere raggiunto un importante grado d’integrazione sociale e lavorativa, attraverso la produzione di buste paga a far data dal 2018, Unilav 2020, contratto di lavoro a tempo indeterminato e documentazione scolastica, ritenuta tuttavia inidonea (insufficiente) a dimostrare un percorso di integrazione in Italia. La Corte, entrando “nel merito della questione”, ritiene la motivazione del Tribunale (di Bari) “non coerente” con gli esiti istruttori e l’eccepita violazione di legge fondata (ricorso articolato in unico motivo: error indicando in relazione all’art.360, co. 1, n.3, c.p.c. per violazione degli artt. 5, comma 6, e 19, comma 1 e 1.1, d.lgs. n. 286/98 e 8, co. 3, e 32, comma 3, d.lgs. n.25/08.), cassando il decreto impugnato con rinvio al giudice a quo il quale si atterra al principio di diritto indicato dalle S.U. civili in tema protezione umanitaria, operando la valutazione comparativa nei termini indicati.

La Corte Sprema di Cassazione, Sezione Civile, ordinanza n.24036/2023 del 07.08.2023

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