Corte d’Appello di Venezia: ricorre il diritto alla protezione umanitaria ai sensi dell’ex art.5, comma 6, d.lgs. 286/1998, nel testo iure temporis applicabile, quando il ricorrente, espatriato nel tentativo di migliorare le proprie condizioni di vita, abbia raggiunto in Italia “un discreto livello d’integrazione”.

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La Corte d’Appello di Venezia definitivamente pronunciando dichiara il diritto alla protezione umanitaria del richiedente cittadino del Bangladesh alla luce di un discreto livello d’integrazione raggiunto in Italia, grazie ad attività lavorative che gli consentono di condurre una vita dignitosa e migliorare di quella che presumibilmente potrebbe avere nel Paese di provenienza. “Le stesse modalità del percorso immigratorio prescelto, per i forti rischi che comportano, depongono per il tentativo della persona di sottrarsi a una situazione socio-economica di emarginazione e sofferenza. La prognosi sulla possibilità che il ricorrente, in caso di rimpatrio, possa mantenere un livello di vita simile a quello conseguito in Italia è negativa.”
La condizione d’integrazione sociale e lavorativa dello straniero richiedente può esser provata anche “dallo svolgimento di un tirocinio formativo e dalla frequentazione di un corso scolastico, non assumendo alcun rilievo il fatto che tali attività siano state svolte all’interno del percorso di accoglienza” (Cass., sez. 1, sent. n. 23571 del 2022) e “dal reperimento di un’occupazione lavorativa con contratto a tempo determinato” (Cass., sez. 1, ord n. 34095 del 2021). Non è necessario un pieno inserimento nel contesto sociale ma “ogni apprezzabile sforzo di inserimento nella realtà locale di riferimento, dimostrabile, in ipotesi, attraverso la produzione di attestati di frequenza e di apprendimento della lingua italiana o di partecipazione ad attività di volontariato nonché di contratti di lavoro anche a tempo determinato” (Cass., 3, ord. n. 21240 del 2020).

La Corte D’Appello di Venezia, quarta sezione civile, sent. n.2068/2022 del 29/09/2022

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