L’accertamento del requisito della residenza decennale per la fruizione del Reddito di Cittadinanza da parte dei cittadini extracomunitari deve essere oggetto di un’indagine approfondita, in assenza della quale è necessario emettere sentenza di non luogo a procedere ai sensi dell’art. 425, co. 3, c.p.p. Inoltre, il reato di cui all’art. 7, d.l. 4/2019 non può formalmente concorrere con quello di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche previsto e punito dall’art. 640bis c.p.

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Le dichiarazioni false/omissive per l’accesso al beneficio del Reddito di Cittadinanza sono idonee ad integrare unicamente la fattispecie di cui all’art. 7, d.l. 4/2019 e non anche il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche di cui all’art. 640bis c.p., poiché tale ultimo delitto “presuppone sempre, oltre gli artifizi e raggiri, l’induzione in errore dell’ente erogante”, che manca in assenza di accertamenti preventivi dell’INPS.

Inoltre, le indagini volte a provare l’assenza del requisito della residenza decennale in Italia dello straniero che intende accedere al RDC devono essere condotte in maniera rigorosa, tramite accesso ai luoghi delle sue residenze risultanti dalle banche dati, attraverso la sua audizione o richiedendogli documentazione e/o informazioni precise sul suo ingresso e la sua permanenza in Italia, ovvero mediante la verifica di documentazione sanitaria o di altre strutture pubbliche o private, atta a comprovare o smentire la sua presenza sul territorio anche in epoca più risalente nel tempo rispetto a quella formalmente risultante dalle Banche dati, o ancora, attraverso l’assunzione d’informazioni dai membri della sua eventuale famiglia o dai vicini delle residenze avute nel corso del tempo, non potendosi escludere che il richiedente, pur se non ancora formalmente censito, sia effettivamente presente in Italia da 10 anni prima della presentazione della domanda per l’accesso al RDC. Pertanto, così come stabilito dal GUP presso il Tribunale di Napoli con sentenza del 29.09.2023, “la lacunosità del quadro investigativo non può che risolversi in favore dell’imputato, tenuto conto, in particolare, del novellato tenore del comma 3, dell’art. 425 c.p.p. secondo cui il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere anche quando gli elementi acquisiti non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna”.

Caso seguito e risolto con l’Avv. Carmine Sgariglia.

GUP presso il Tribunale di Napoli , sentenza di non luogo a procedere del 29.09.2023.

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