Mandato d’arresto europeo (MAE): l’ottava sezione della Corte d’Appello di Napoli ha disposto rinvio pregiudiziale alla CGUE in relazione al caso di un cittadino straniero da oltre cinque anni in Italia per il quale quindi ricorrono i presupposti previsti dall’art.18-bis L.69/05, condannato in Slovacchia. La Corte, chiamata a decidere sull’istanza difensiva di rifiuto di consegna, si è interrogata sulla possibilità di procedere al necessario (contestuale) riconoscimento della sentenza del Paese richiedente, che tuttavia non abbia offerto le garanzie processuali previste dal nostro Ordinamento in tema di conoscenza e partecipazione al processo e di compiuta informazione relativa ai rimedi impugnatori.

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Il mandato d’arresto europeo (MAE) è la richiesta avanzata da un’Autorità Giudiziaria di uno Stato membro dell’Unione perché si proceda all’arresto di una persona in un altro Stato membro e la si consegni allo Stato richiedente ai fini dell’esercizio dell’azione penale o dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privativa della libertà. Tale meccanismo si basa sul principio del riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie. Esso è operativo in tutti gli Stati UE ed opera mediante contatti diretti tra autorità giudiziarie.

Nel nostro Ordinamento, la decisione di consegnare o meno una persona sulla base di un MAE rientra in un iter esclusivamente giudiziario, di competenza della Corte d’Appello nel cui distretto l’imputato o il condannato ha la residenza, la dimora o il domicilio nel momento in cui il provvedimento è ricevuto dall’A.G., mentre, ove non possa esser determinata in tal modo, sarà competente la Corte d’Appello di Roma.

La normativa interna di riferimento è contenuta nella L.69/2005, di esecuzione della Decisione Quadro n. 2002/584/GA.

In ordine ad una richiesta di mandato d’arresto europeo (MAE) avanzata dalle Autorità della Repubblica della Slovacchia, la Corte d’Appello di Napoli, VIII Sezione, ha disposto rinvio pregiudiziale alla CGUE[1] affinché dichiari se il combinato disposto degli artt. 4, n.6, Decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio del 13.06.2002 e l’art. 9, co.1, lett.i) e 35 Decisione quadro 2008/909/GAI del Consiglio del 27.11.2008 debbano essere interpretate nel senso che:

  1. il giudice dello Stato di esecuzione, richiesto di riconoscere una sentenza penale straniera esecutiva di condanna, ha il potere discrezionale, e non già il dovere, di rifiutare il riconoscimento della sentenza, quando risulti che il processo terminato con detta sentenza, non abbia offerto all’imputato alcuna delle garanzie processuali previste dall’art.9, co.1, lett.i), della Dec. quadro 2008/909/GAI del Consiglio del 27.11.2008;
  2. il giudice dello Stato di esecuzione, richiesto di disporre la consegna in base ad un mandato di arresto europeo (MAE) emesso per eseguire una sentenza, quando ricorrono congiuntamente le condizioni per disporre la consegna del condannato allo Stato di condanna ed i presupposti per rifiutare la stessa disponendo contemporanemante l’esecuzione della pena nel territorio dello Stato di esecuzione, ha il potere di rifiutare la consegna, riconoscere la sentenza e ordinare l’esecuzione della stessa sul proprio territorio anche se il processo terminato con la sentenza riconosciuta non abbia offerto all’imputato alcuna delle garanzie processuali previste dall’art.9, co. 1, lett. i), della Decisione quatro 2008/909/GAI del Consiglio del 27.11.2008.

La questione pregiudiziale sopra esposta è stata sollevata per l’esistenza di un attrito tra la legislazione interna e quella eurounitaria.

Invero, secondo la legislazione italiana, la Corte d’Appello, laddove decidesse di rifiutare la consegna e disponesse l’esecuzione in Italia della sentenza penale straniera di condanna, dovrebbe riconoscere quest’ultima ai sensi del d.lgs. 161/2010 e potrebbe farlo esclusivamente se ne ricorrano i presupposti.

Tuttavia, mentre la consegna in base al mandato d’arresto europeo (MAE) è consentita alla semplice condizione che il condannato, assistito da un difensore, sia stato informato della mera pendenza di un processo a suo carico, al contrario, il riconoscimento della sentenza dello Stato di esecuzione è consentito a condizione che il condannato, assistito da un difensore, fosse stato informato della data fissata per il processo.

Nel caso che ha occupato la Corte d’Appello di Napoli, VIII Sezione, il richiesto in consegna potrebbe sì essere consegnato allo Stao richiedente, poiché assistito da un difensore ed informato della pendenza di un processo, ma l’Italia non potrebbe, pur essendo egli da oltre cinque anni effetivamente dimorante in TN ed avendone fatto richiesta, rifiutarne la consegna disponendo l’esecuzione della pena in Italia, perché egli  non è stato informato della data di fissazione del processo.

Ciò posto, secondo la Corte d’Appello, quindi, “si perverrebbe alla paradossale conseguenza per cui il fatto che la garanzia processuale prevista per il condannato in materia di riconoscimento è più avanzata rispetto alla garanzia processuale prevista per il condannato in materia di mandato di arresto europeo, si riverbera contro il condannato invece che a suo favore…”.

Per tale ragione, quindi, la Corte ha sollevato questione pregiudiziale innanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea ex art. 267 TFUE.

 

Caso dello Studio Legale Migliaccio, seguito e risolto dall’Avv. Carmine Sgariglia con l’Avv. Andrea Scardamaglio.

Scarica l’ordinanza di rimessione della Corte d’Appello di Napoli – VIII Sezione.

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  1. Art. 267 TFUE: “1. La Corte di giustizia dell’Unione europea è competente a pronunciarsi, in via pregiudiziale: a) sull’interpretazione dei trattati; b) sulla validità e l’interpretazione degli atti compiuti dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell’Unione.
  2. Quando una questione del genere è sollevata dinanzi ad un organo giurisdizionale di uno degli Stati membri, tale organo giurisdizionale può, qualora reputi necessaria per emanare la sua sentenza una decisione su questo punto, domandare alla Corte di pronunciarsi sulla questione.
  3. Quando una questione del genere è sollevata in un giudizio pendente davanti a un organo giurisdizionale nazionale, avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno, tale organo giurisdizionale è tenuto a rivolgersi alla Corte.
  4. Quando una questione del genere è sollevata in un giudizio pendente davanti a un organo giurisdizionale nazionale e riguardante una persona in stato di detenzione, la Corte statuisce il più rapidamente possibile…