Tribunale Ordinario di Roma – sez. Immigrazione: La manifestazione di volontà di chiedere protezione, non soggetta ad alcun formalismo, è sufficiente a configurare un obbligo dell’Amministrazione a verbalizzarla nei termini stringenti previsti dalla normativa interna ed internazionale. Obbligo che, ricorrendo i requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora, giustifica l’azione d’urgenza ex art.700c.p.c.

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Ricevuta la chiara e univoca volontà del ricorrente (cittadino del Bangladesh) di chiedere la protezione speciale, l’A. competente (Questura di Latina) è obbligata a rispondere, formalizzare la domanda nei tempi previsti, fissare un appuntamento a tal fine o consentire una sorta di prenotazione allo scopo. È infatti diritto inalienabile della persona, costituzionalmente tutelato, quello di chiedere protezione dello Stato di accoglienza e, quindi, il ricorrente aveva diritto di chiedere direttamente alla questura protezione e formalizzare con urgenza la relativa domanda a seguito dell’avvenuta manifestazione di volontà (con pec).

La CGUE (proc. C-429/15) afferma che, in mancanza di norme del diritto dell’Unione su modalità di presentazione ed esame di una domanda di p.i., spetta all’Ordinamento interno di ogni Stato membro disciplinare tali modalità, garantendo che esse non rendano impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti del R.A. Deve citarsi anche il disposto dell’art.6, par.6, dir. 2013/33/UE (d.lgs. 142/15), secondo cui gli Stati membri non esigono da R.A. documenti inutili o sproporzionati, né impongono altri requisiti amministrativi ai richiedenti prima di riconoscere loro i diritti conferiti dalla presente direttiva. Tale disposizione impegna gli Stati membri a non disseminare di inutili ostacoli burocratici il cammino verso la richiesta di asilo.

Pure ricorre periculum in mora quando, come nel caso de quo, l’ingiustificato protrarsi dell’attesa determini pregiudizio grave e potenzialmente irreparabile per la situazione d’irregolarità ed il rischio di rimpatrio, nonché l’impossibilità di accedere ad attività lavorativa regolare, nel rispetto della sua vita privata (art. 8 Cedu), anche in ragione del mantenimento da parte propria della famiglia nel Paese di origine, per come attestato dalle rimesse di denaro regolarmente effettuate.

Legittimo, pertanto, il ricorso alla tutela d’urgenza prevista in via generale dall’art.700cpc (“chi ha fondato motivo di temere che durante il tempo occorrente per far valere il suo diritto in via ordinaria, questo sia minacciato da un pregiudizio imminente e irreparabile, può chiedere con ricorso al Giudice i provvedimenti d’urgenza, che appaiono, secondo le circostanze, più idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito”), poiché il riconoscimento di tale tutela postula la ricorrenza del fumus boni iuris, ossia dell’esistenza in capo all’istante – in termini di verosimiglianza – del diritto dedotto in giudizio, e di un periculum in mora, ossia di un pericolo di pregiudizio imminente ed irreparabile che minacci il diritto vantato nel tempo occorrente alla decisione, requisiti presenti entrambi nel caso del richiedente protezione speciale (o internazionale) che manifesti tale volontà – in qualsiasi forma, ma in modo chiaro ed univoco – cui tuttavia la P.A. non dia riscontro tempestivo.

Tribunale Ordinario di Roma, sezione immigrazione, Ordinanza ex art.700 C.P.C. del.26.07.2023

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