La Suprema Corte cassa con rinvio al Tribunale di Bari affinchè si attenga al seguente principio di diritto: per il riconoscimento di protezione speciale è superata la cd. “valutazione comparativa”, anche attenuata (a proporzionalità inversa), quando vi sia integrazione sociale e familiare in Italia del richiedente asilo, con la necessità invece di dare rilievo autonomo tanto al “radicamento lavorativo”, quanto al “radicamento affettivo”, atteso che il primo profilo inerisce al rispetto della vita privata, mentre il secondo è riconducibile al diverso ambito del diritto al rispetto della vita familiare.

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In tema di protezione internazionale “speciale”, la seconda parte dell’art. 19, comma 1.1, d.lgs. 286 del 1998, come modificato dal d. l. n. 130 del 2020, convertito con l. n. 173 del 2020 – applicabile ratione temporis nel giudizio di legittimità avverso una decisione resa successivamente all’entrata in vigore della legge, quindi dal 22 ottobre 2020 – attribuisce diretto rilievo all’integrazione sociale e familiare in Italia del richiedente asilo, da valutare tenendo conto della natura e dell’effettività dei suoi vincoli familiari, del suo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno e dell’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo paese d’origine, senza che occorra procedere ad un giudizio di comparazione con le condizioni esistenti in tale paese, neppure nelle forme della comparazione attenuata con proporzionalità inversa (Cass. 18455/2022).

Va aggiunto in materia di protezione speciale o complementare, ai sensi dell’art.19, comma 1.1.,T.U.I., nel testo vigente “ratione temporis”, ossia prima dell’entrata in vigore del D.L. 10.3.2023 n. 20, conv. nella L. n.50/2023, il parametro del “vincolo familiare” del cittadino straniero nel territorio nazionale ha un rilievo autonomo rispetto a quello del suo inserimento socio-lavorativo, atteso che il primo profilo inerisce al rispetto della vita familiare, mentre il secondo è riconducibile al diverso ambito del diritto al rispetto della vita privata.

Ne consegue che la tutela dovrà accordarsi anche in ipotesi della sola ricorrenza del vincolo familiare, sempre che il suddetto vincolo – che non deve quindi necessariamente ricorrere simultaneamente e in via cumulativa con i requisiti relativi all’integrazione sociale e lavorativa – abbia le concrete connotazioni previste dalla norma, quanto a natura ed effettività, sì da integrare un “radicamento affettivo”» (Cass. 30736/2023). Infine, occorre rimarcare che, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte EDU (vedi Johnston e altri c. Irlanda del 18 dicembre 1986 § 56, Serie A n. 112), la nozione di “famiglia” di cui all’art. 8 della Convenzione non è limitata soltanto alle relazioni fondate sul matrimonio e può comprendere altri “legami familiari” di fatto, in cui le parti convivono fuori dal matrimonio (è stato addirittura ritenuto nelle cause Kroon e altri c. Paesi Bassi, del 27 ottobre 1994, serie A n. 297-C, e Vallianatos e altri c. Grecia, Grande Camera, ric. n. 29381/09 32684/09, che possono esistere legami sufficienti per una vita familiare anche in assenza di convivenza).

 

La Suprema Corte di Cassazione, Prima Sezione Civile, ordinanza n.5780/2024 del 04.03.2024.

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